Il Millennium Iconoclast Museum of Art (MIMA), il nuovo museo dedicato all’arte virale e accessibile, come ad esempio le nuove forme di Street Art, apre le sue porte il 24 marzo, a Bruxelles.

Pare sia vietato da leggi non scritte, al momento, precisare per iscritto che apre a Molenbeek.

Molenbeek-Saint-Jean (Sint-Jans-Molenbeek in fiammingo), è una delle 19 municipalità della regione di Bruxelles capitale; di fatto è un quartiere situato a ovest rispetto alla Grand Place, da cui dista, a piedi, solo una ventina di minuti.

Si estende per circa 6 chilometri quadrati ed è abitato da meno di 100.000 persone, per la maggior parte provenienti dal Nord Africa o da paesi di cultura araba. Sono presenti 22 moschee ufficialmente riconosciute, intorno alle quali si riunisce la popolazione musulmana, che in alcune aree arriva all’80%.

I legami tra Molenbeek e il terrorismo contemporaneo sono sulla bocca e sulle penne di tutti; le ricostruzioni degli spostamenti dei terroristi ricercati, dal quartiere belga verso le loro mete di distruzione, sono state fatte e poi analizzate per ricercarne, se possibile, una causa sociale, culturale e religiosa.

Un’altra analisi a livello metropolitano è stata condotta dagli stessi governanti belgi. A novembre, il ministro per la sicurezza Jan Jambon, aveva ammesso la perdita di controllo da parte del governo su realtà come Molenbeek. Inoltre, la struttura politica e amministrativa belga, nonché la profonda divisione linguistica tra francofoni e fiamminghi, non consente un’azione omogenea contro il terrorismo.

Il Post, il 16 novembre 2015, all’indomani degli attentati di Parigi, aveva anche spiegato che: “Un altro problema è che molti belgi che si uniscono a gruppi terroristici non sono immigrati, ma cittadini le cui famiglie vivono in Belgio da parecchie generazioni: diventa perciò più difficile per le autorità ritirare i passaporti o le carte d’identità a persone sospette. […]”

La verità è che Molenbeek è tra i comuni più poveri dell’area, paradosso interessante, vista la vicinanza con le zone più ricche del Belgio e d’Europa. Il tasso di disoccupazione giovanile arriva al 50% ed è facile che l’unica soluzione per i ragazzi sia essere arruolati tra le fila dei movimenti integralisti islamici.

Nel quartiere sono una trentina le associazioni che lavorano con i minori; tra queste Foyer, attiva da 45 anni e diretta da Loredana Marchi, di origini italiane, è riconosciuta e sussidiata dalla Comunità fiamminga e dalla Comunità francofona, e tra i suoi progetti ha “Foyer des Jeunes”, che accoglie tra i 60 e gli 80 ragazzi e bambini al giorno.

I tentativi di aiutare i giovani meno fortunati di Molenbeek sono tanti e sono concreti, ma non dimentichiamoci, come ha scritto Le Monde, che a Molenbeek non è certo quella dell’intregralismo l’unica realtà esistente e la definizione sbrigativa di ghetto islamico è, per l’appunto, troppo superficiale. Esiste infatti la Molenbeek dei lunghi viali alberati della borghesia locale, poi quella delle case mono familiari, infine c’è il quartiere arabo. Come nella maggior parte delle metropoli europee.

“Molenbeek è sempre stata una comunità di transito. So che tutti dicono che sia una base per radicalismi e terroristi, ma la maggior parte di ciò che viene detto è stigmatizzazione” ha dichiarato il vice sindaco Ahmed El Khannouss, “ed è estremamente pericoloso collegare questi radicali con la popolazione locale”.

C’è chi non rinnega di dire di essere nato o cresciuto, di aver comprato casa o trovato un lavoro a Molenbeek.

E quindi, il 24 marzo, il MIMA, museo per l’arte contemporanea virale e accessibile, apre le sue porte. A Molenbeek.

Immagine di Yves Herman - Routers

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