Una divisa nera con piccoli ornamenti in rosso. Il profumo della pasta fatta in casa che satura l’aria attorno alla sua figura. Si tratta di Antonella Barbella, chef italiana espatriata nei Paesi Bassi, che dopo uno spettacolare live cooking show, ci regala sé stessa in questa intervista.

10 gennaio 2018, 15:30

Il padiglione 9 del Vakantiebeurs, ad Utrecht, inizia a riempirsi di curiosi, e attorno ad un banco da cucina siede un bel gruppetto di persone, visibilmente impazienti. È il primo giorno della fiera vacanziera più famosa nei Paesi Bassi e lo stand italiano sfodera la sua attrattiva più invitante: un live cooking show, con assaggio finale.

Di fronte a loro, circondata da utensili da cucina, ingredienti e padelle fumanti c’è Antonella Barbella. Sorride e presenta, esprimendosi con un ottimo nederlandese, la sua ricetta degli Spaghetti alla chitarra. La farina scivola con maestria dalle sue mani sul bancone, gli elementi dell’impasto, uno dopo l’altro, diventano come per incanto parte di quel panetto dorato che viene ancora lavorato con strumenti artigianali e finalmente i fili di pasta morbida e profumata sono pronti per la cottura. Pochi minuti ed ecco lo splendido piatto pronto per l’assaggio, e gli astanti non restano affatto delusi.

Dopo aver sistemato la sua postazione, Antonella si rilassa, e finalmente possiamo fare quattro chiacchiere con lei.

Quanto è stato difficile per te imparare il nederlandese?

“Beh, che bella challenge è stata! Dopo undici anni dal mio trasferimento, però, impararlo sarebbe stato il minimo. Il veicolo migliore è stato mio figlio, e i suoi amichetti di scuola. Tutti i miei clienti, i miei amici, parlavano in inglese, però vivendo qui avevo la necessità di comprende, leggere testi e soprattutto comunicare con i bambini che mi circondano. Ho frequentato anche classi di grammatica con delle scuole private, e sono stata aiutata da alcune amiche.”

Nel tuo lavoro quanto ha influito l’iniziale ostacolo linguistico?

“Bella domanda! All’inizio, quando sono arrivata ad Amsterdam, mi sono spaventata. Mi chiedevo “E adesso?”, avevo appreso solo l’inglese, lingua che utilizzavo anche per comunicare con mio marito, il motivo principale del mio trasferimento, ma col tempo posso dire che ogni piccola barriera linguistica è crollata, tutto è venuto da sé.”

Quindi la tua è stata una scelta dettata dall’amore?

“Assolutamente. Spesso, i miei amici ad Amsterdam mi dicevano “Sei pazza! Ma perché hai lasciato l’Italia per venire qui, con questo cielo grigio?”, la risposta era molto semplice! È stato per il motivo più vecchio del mondo, l’amore.”

La tua regione d’origine quanto ha influito sul tuo modo di cucinare?

“L’Abruzzo! Di base, la mia cucina è abruzzese, sapori tra mari e monti che possono sembrare simili a quelli di tante altre regioni. Ciononostante, ognuna di queste cucine mantiene la sua unicità, basti pensare a quanto è facile trovare la varietà proprio negli stessi paesini; ognuno, ogni famiglia, ogni persona, ha la propria ricetta segreta per questa o quella pietanza. L’Abruzzo è sempre con me, e nel mio libro, Cucina di mamma. Tre generazioni di Mamme, ho pubblicato una fornita raccolta di ricette esclusivamente abruzzesi.”

Qual è il tuo piatto preferito?

“Gli arrosticini! Anche se devo ammettere che ultimamente sto consumando poca carne, rispetto al passato. Nei Paesi Bassi si ha un modo molto diverso di preparare la carne che verrà poi venduta, qui viene tagliata diversamente. Le macellerie turche offrono scelte di carne molto simili alle nostre. Il mio piatto preferito qui nei Paesi Bassi sono le patatje, le patatine fritte.”

Cucinare per molti è una manifestazione d’amore, e per alcuni, l’atto del cucinare racchiude in sé una sorta di memoria storica familiare. Qualche volta, quando hai tanta nostalgia di casa, cucinare ti aiuta ad abbattere le distanze?

“Qui possiamo tranquillamente parlare di comfort recipes, ricette di conforto. D’inverno, mia madre preparava sempre la minestrina, con una foglia di alloro, prezzemolo, pomodorino, carota, piselli, pastina, e anche se sembra semplice, ancora oggi ha il potere di farmi sentire a casa dovunque io sia. D’estate invece sono gli arrosticini ad avere il sapore di casa, ma posso mangiarli solo a Lanciano.”

In media, con quanta frequenza ritorni in Italia?

“Almeno ogni quattro o cinque settimane, se mi è possibile. Cerco spesso di organizzare lavori in Italia. Ultimamente ho aperto un canale con Milano, collaboro con un’accademia di Food, Fashion e Design. Ma ora mi sto focalizzando soprattutto sulla prossima apertura della mia scuola di cucina, ad Amsterdam.

Hai qualche detrattore?

“Quando accendi una candela, dentro una stanza buia, le ombre hanno il sopravvento. Ma se c’è luce vera, l’ombra non esiste. Se accendi una luce, se metti un sole dentro una stanza, nessuno può mettere ombre su quello che fai. Ho avuto una splendida risposta dal web, per esempio. È come se ci fosse una sorta di orgoglio, riguardante il mio percorso. Una ragazza di Lanciano e il suo sogno, lavorare e lavorare, sacrificarsi fino ad ottenere dei risultati, e a quel punto lavorare ancora di più. Non esiste la concorrenza, esiste la cooperazione. E dunque non esiste invidia, odio o cattiveria.”

Credi che vivere nei Paesi Bassi abbia in qualche modo facilitato la tua carriera?

“Probabilmente sì. Il popolo nederlandese è lungimirante, flessibile e curioso. Quindi, la loro apertura e la loro flessibilità sono state un motore anche per me. Non sono certa che in Italia avrei avuto gli stessi risultati. E inoltre, un italiano all’estero ha una gran voglia di rilanciare la propria cultura e la propria patria, cosa che ti dà una marcia in più. Quando il tuo duro lavoro s’incontra con chi lo apprezza, è una vera soddisfazione.”

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