Il 15 febbraio, all’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam (IIC), si è tenuto un incontro con uno degli autori più prestigiosi della letteratura italiana contemporanea: Nicola Lagioia. Come ha sottolineato Gandolfo Cascio, professore di Letteratura Italiana presso l’Università di Utrecht, la letteratura italiana contemporanea gode al momento di una buona salute con molti autori di spicco che la rappresentano: Dacia Maraini, Claudio Magris, Aldo Busi, Mario Grasso, Melania Mazzucco, Alessandro Piperno…e per ultimo, ma non per importanza, naturalmente Nicola Lagioia.
Il prof. Cascio ha inoltre sottolineato come il 20% di tutti i libri che vengono pubblicati in Italia sia poi tradotto.

Lagioia, classe 1973, è uno scrittore originario di Bari che con il suo romanzo La Ferocia nel 2015 ha vinto il Premio Strega, il premio letterario più prestigioso d’Italia che gode però di una fama consolidata anche in Europa e nel resto del mondo. In occasione della traduzione del suo libro in olandese, l’autore ha sostenuto una conferenza, moderata appunto dal prof. Cascio e dalla direttrice dell’IIC di Amsterdam, Carmela Callea.

Durante l’incontro Lagioia ha manifestato da subito una grandissima capacità affabulatoria che ha saputo tenere incollati letteralmente alle sedie i numerosi spettatori venuti ad assistere. I temi affrontati sono stati numerosi, tra i quali mi preme ricordare: i suoi primi lavori, i suoi impegni attuali, le sue città predilette e naturalmente i temi del suo romanzo giustamente più famoso, la Ferocia, appunto.

La Ferocia è un romanzo ambientato nel sud Italia dove il protagonista viene catapultato nella differente realtà del Nord; durante il convegno è intervenuta anche la traduttrice del libro, che si è detta molto soddisfatta del lavoro dello scrittore e che ha trovato appagante tradurre un’opera che diventava sempre più interessante man mano che il racconto procedeva.

Al termine della conferenza io e Marika Russo abbiamo colto l´occasione di intervistare Lagioia per un inserto su Italianradio.
Marika: Come nasce la tua passione per la scrittura?
Per diventare uno scrittore decente uno deve essere stato innanzitutto un grande lettore, quindi diciamo che è più importante la carriera di lettore che quella di scrittore. Quindi io prima di tutto sono stato un lettore appassionato, non solo di romanzi ma anche di fumetti. Per esempio durante le medie, quando leggevo tantissimi fumetti. Ovviamente ci vuole anche molto amore per il cinema e di solito si tratta di raccontare un’urgenza. Ma capita anche che tu leggi un autore che ti piace moltissimo e vorresti provare a fare la stessa cosa, ma con le tue storie, le tue urgenze, la tua sensibilità…I primi racconti credo di averli scritti durante i primi anni di università.

Marika: Qual è lo scrittore (o gli scrittori) che ti hanno fatto scattare la molla?
Bhe si dice che ogni scrittore abbia una madre e molti padri. La madre è la lingua, anche se molti scrittori hanno anche più di una madre. Prendi ad esempio Nabokov che scriveva in russo e poi appunto in inglese o Kundera che è passato al francese, e così via. I molti padri sono invece tutti gli scrittori e le scrittrici che ha molto amato. Io ad esempio ricordo che il battesimo del fuoco da questo punto di vista è stato forse in primo superiore. Avevo una professoressa di inglese che fece due cose fantastiche. Cioè ci portò prima a vedere uno spettacolo teatrale senza dirci di che cosa si sarebbe trattato, senza prepararci, senza nessun paratesto o commento critico. Quella cosa lì ci sconvolse, perché lo spettacolo teatrale era Aspettando Godot di Beckett. Noi rimanemmo, perché oltre il Rugantino non andavamo, quindi rimanemmo veramente colpitissimi da una cosa del genere. E l’altra cosa che fece questa professoressa, stravolgendo i programmi ministeriali, sovvertendoli, anziché continuare a leggerci Shelly e Byron, che pure sono poeti che tutti quanti amiamo, iniziò a leggerci la Waste Land di Eliot. Poema naturalmente complicatissimo, io non ci capii nulla, però capii che quella roba lì era una cosa bellissima! Mi sentii, decodificando dopo, un po’come un personaggio di un racconto di Borges. Mi riferisco ad Agigulfo, che è un barbaro che insieme a un’orda di altri barbari arriva a Ravenna per mettere a fuoco e fiamme la città. Mentre stava distruggendo la città, Agigulfo si volta e vede un mosaico. Capisce di assistere a qualcosa di bellissimo che però lui non capisce. E sulla base di questa cosa, che lui appunto non capisce, in quanto barbaro che proviene dalle lande desolate del nord Europa, quindi l’arte non la conosce, passa però a difendere Ravenna. Passa quindi dal suo esercito all’esercito nemico. Ecco, a me è successa un po’la stessa cosa, quando la professoressa di inglese ci ha letto La terra desolata di Eliot.

Marco: Quindi si può dire che aveva e ha ancora ragione Daniel Pennac, quando diceva che se un professore è bravo può riuscire a far appassionare alla lettura e alla letteratura, anche ora che sembra abbiano perso un po’di valore…
Se un professore è bravo hai fatto un terno al Lotto in qualche modo, perché non è scontato che i professori di lettere siano anche dei lettori. Io ho conosciuto tanti professori di lettere per i quali la letteratura era finita là dove finiscono i classici e i programmi ministeriali. Oltre gli Indifferenti di Moravia non ci si arriva. Mentre nel frattempo nella letteratura è successo di tutto e continua a succedere di tutto. Quindi un professore che ti fa appassionare alla lettura è un professore che continua a leggere letteratura. Non tutti lo fanno, quelli che lo fanno che Dio li benedica.

Marika: Una domanda sul premio Strega. Te l’aspettavi?
No… Di solito si sa sempre chi vince il premio Strega, nel senso che di solito i giornali vanno già a designare il vincitore. Nel mio caso questo non è successo, visto che non ero un vincitore annunciato. Lo sono diventato dopo la cinquina, quindi la cosa mi ha come minimo sorpreso. Prima della cinquina non me ne importava poi tanto, mi bastava arrivare anche solo quinto. Dopo la cinquina ho iniziato a pensare di potercela fare. E’ stata una bella corsa.

Marco: Cosa è cambiato da quando hai vinto questo premio?
Sono cambiate un sacco di cose, nel senso che è diventato un pochino più complicato proteggersi, perché vincere il premio Strega da una parte è bellissimo naturalmente. Vendi un sacco di copie, tutta l’attenzione ricade su di te…Ma quando hai tutta l’attenzione su di te questo porta anche un po’di stress, devi difendere la tua giornata. Per un anno è stato un po’complicato. Sono stato portato un po’come si porta la sposa ai tavoli degli invitati. Quello è un po’ il rischio.

Marika: Come è cambiato il tuo modo di scrivere negli anni? Possiamo dire che “La Ferocia” rappresenta un punto d’arrivo?
Speriamo che non ci sia mai un punto d’arrivo. Lì dove è arrivato il punto d’arrivo vuol dire che devi appendere la tastiera al chiodo…

Marika: Allora si può dire che ci hai trovato la tua identità?
Forse la mia identità l’avevo trovata già nel mio libro precedente. Io di solito scrivo sempre un romanzo diverso da quello di prima e quindi sono sempre in fuga da me stesso, perché due volte la stessa cosa non riesco a farla, nemmeno volendo. Per me è importante non avere la certezza di saper fare quello che poi mi appresto a fare. Quindi ogni volta è una storia molto diversa.

Marco: Progetti per il futuro?
Bhe a maggio ci sarà il Salone del libro, dal 18 al 22, e io sarò il direttore. Dal 23 maggio in poi cosa succederà non lo so. Anche quando scrivo un libro, fino all’ultima pagina non posso dire di averlo finito o meno. Al futuro non ci penso fino a quando non diventa presente.

Si ringrazia Marika Russo per l’aiuto fornitomi.

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