A partire dall’Ottobre 2013 in Olanda è in corso un dibattito sulla libertà di parola scatenato dalla decisione del Pubblico Ministero di perseguire Michiel van Eyck, proprietario della “Totalitarian Art Gallery”, per aver messo in vendita 2 copie originali e una traduzione in olandese del “Mein Kampf”. Nei Paesi Bassi la vendita dell’opera in questione è stata dichiarata illegale dal 1974, nonostante ne sia tollerato il possesso e prestito.

L’imputato, che ha ammesso pubblicamente di essere a conoscenza che la sua azione costituisse reato, si è però appellato al diritto di libertà di parola e opinione, sostenendo di considerare l’opera come oggetto storico in linea con il resto della merce da lui venduta nel proprio negozio di antiquariato.

A premere affinché van Eyck venga riconosciuto colpevole è la Dutch Jewish Federation, che ha immediatamente additato il fatto come un caso di istigazione all’odio.

Nel Novembre 2014 il negoziante era però stato parzialmente assolto dall’accusa di volontaria diffusione di anti-semitismo e condannato solamente al pagamento di una multa da €1.000. La Corte aveva comunque ribadito che il contenuto del libro esaltasse l’odio e la violenza contro il popolo ebraico, sottolineando che la vendita continua a essere vietata su suolo olandese.

Tuttavia la difesa aveva fatto notare sia la facilità con cui il testo fosse reperibile sul web, sia che le copie messe in circolo da van Eyck fossero state acquistate da collezionisti e storici.  Più volte, inoltre, è stato fatto notare come nel negozio di antiquariato fossero presenti svariati cimeli provenienti da diverse correnti di pensiero.

Lunedì 1 Febbraio la Corte si è riunita per il secondo appello. Ribadita l’assoluzione, si è sottolineato che l’eventuale condanna di Van Eyck rappresenterebbe una violazione della libertà di parola, ritenendo quest’ultima più significativa del reale pericolo di istigazione all’odio verso la comunità ebraica.

Nonostante ciò, pochi giorni fa il PM ha dichiarato di voler continuare a perseguire il negoziante, rivendicando che la sua assoluzione porterebbe a un precedente rischioso per la sicurezza pubblica. La difesa, però, ha dichiarato che sosterrà l’anacronismo di un’eventuale condanna.

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