Si torna spesso a parlare mobilità studentesca, da quando il nuovo progetto Erasmus+, lanciato dalla Commissione Europea, ha spento la sua prima candelina. Un anno, quest’ultimo, che si somma ai precedenti 25, da quando il programma Erasmus è nato e che ha permesso a 3,3 milioni tra studenti e insegnanti di muoversi in giro per l’Europa per studio, lavoro o ricerca tesi.

Secondo quanto riportato in Erasmus impact study: regional analysis, uno studio regionale sull’impatto che il progetto ha sulla vita degli studenti e pubblicato lo scorso Gennaio, l’Erasmus sembra ancora mantenere il trend positivo cui si assiste dal lontano 1987 ed essere fonte di grandi benefici per i partecipanti.

Se comparati ai fratelli “mammoni”, il totale di 71,368 studenti erasmus, selezionati sule quattro regioni Europee Nord, Sud, Est, Ovest, migliora la propria vita e le proprie competenze relazionali, ha maggiore possibilità di trovare lavoro e subisce un mutamento repentino della propria personalità.

Il cambiamento medio che si raggiunge in appena sei mesi di esperienza erasmus può essere considerato, secondo quanto riportano i dati, l’equivalente di quello che avverrebbe in circa 5 anni di vita senza l’esperienza Erasmus. Lo studio considera, in particolare, quelli che vengono definiti memo factors: tolleranza all’ambiguità, curiosità, fiducia, potere decisionale e attitudine al problem-solving, che risultano essere molto più marcati tra gli studenti “mobili” rispetto ai “non mobili”.

Source European Commission

Source: European Commission

Un dato importante, poi, sembra essere quello relativo alle opportunità di impiego post Erasmus. Gli studenti dell’Est Europa vedono il rischio di disoccupazione ridursi del 83%, mentre per i paesi a Sud, il rischio si riduce del 50% se si partecipa al progetto di internazionalizzazione. A livello dei singoli paesi, il Portogallo e l’Ungheria sembrano trarre i maggiori benefici, mentre per l’Italia ad almeno uno studente su due è richiesto di rimanere nell’azienda ospitante dopo lo stage.

Source: European Commission

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I dati, dunque, sembrano dar forza agli obiettivi per cui il programma è nato e si è di recente evoluto, quelli di “migliorare le competenze e le prospettive professionali e modernizzare l’istruzione, la formazione e l’animazione socioeducativa”, come si legge sul sito ufficiale. Erasmus+ dispone, a oggi, di un bilancio di 14,7 miliardi di euro per sette anni, che continueranno a essere investiti in parteniariati transnazionali tra atenei, aziende, ONG e istituzioni per favorire la mobilità internazionale e l’inserimento nel mondo del lavoro secondo standard europei.

Le novità più rilevanti, poi, riguardano la possibilità di ripetere per un massimo di 12 mesi – per la gioia di chi soffriva di crisi da stress post internazionalizzazione – e di partire per un tirocinio all’estero dopo la laurea, che si risolve spesso in una permanenza più lunga.

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