foto di Luciana Ioannacci Blair

Carmelinda è una di quelle persone delle quali non puoi dire che fa un mestiere, ma che è un mestiere. La riconosci per strada; quando cammina; quando ti sorride da lontano. Si muove come in un palco, ordinata e fluttuante tanto nei suoi gesti quanto nelle parole.

Carmelinda è così tanto “teatro” che nei Paesi Bassi ha dato vita ad un gruppo teatrale: il Korego.

È proprio da qui che partiamo, per parlare con lei, oggi. Siamo ad Amsterdam, in una parte della città più moderna che nulla ha a che fare con la capitale olandese conosciuta ai più. Ma il contorno non serve: a fare da storia e contesto ci pensa Carmelinda Gentile.

 

Carmelinda, cominciamo dal Korego Teather Group. A cosa si deve questo nome?

Korego viene dal greco ‘Corego’, scritto in origine con la C. Il suo significato risale alla liturgia dell’antica Grecia. La coregia era un servizio che si faceva per lo Stato, il Corego reclutava gli attori e si occupava di finanziare gli spettacoli, ma non per pagare chi recitava bensì per acquistare scenografie e costumi.

Questo è il motivo che muove le vostre attività di promozione? Ho visto che il Korego ha degli sponsors ufficiali.

Un po’ sì. Chi faceva la coregia apportava a se stesso un’impronta positiva nei confronti della città, veniva ben visto perché era colui che rendeva uno spettacolo bello. Alla fine conveniva a tutti.

Tu sei il Corego della situazione?

Solo in parte, in questo caso. Ma ho avuto un Corego. Si tratta del professor Giusto Monaco, che era un grecista ed un Corego, nonché il Direttore dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, dove io ho studiato. Lui mi ha ispirata.

Avevi già costituto un gruppo di lavoro del genere in Italia?

In Italia ho recitato per vent’anni, molti mi conoscono per essere la Beba di Montalbano, ma non avevo mai messo in piedi un gruppo di questo tipo, prima di Amsterdam. In Italia non ci sono le possibilità per tentare un lavoro così sperimentale.

Com’è nata l’idea del Korego?

È nata da un corso di teatro che ho organizzato dopo soli 4 mesi che vivevo qui. Avevo già avuto esperienze di insegnamento in Italia, con corsi privati a bambini e persone anziane, ed attività nei licei.

Cosa facevi nei licei?

Preparavo i ragazzi a partecipare al Festival dei Giovani a Palazzolo Acreide, ideato dal professor Monaco. Si tratta di un evento aperto a tutti i giovani italiani, i quali si esibiscono con una rappresentazione a loro scelta. È un sistema eccezionale non solo per creare nuovi attori, ma anche per creare nuovo pubblico.

Torniamo ai tuoi allievi nei Paesi Bassi. Che mi dici di questi ragazzi?

Sono circa una ventina. Quando ho cominciato a lavorare con loro, mi sono accorta subito che c’era molto materiale. Sono pieni di passione, mi seguono, mi danno energia, mi fanno credere che “possiamo”. Sono loro a fare tutto, io seguo solo la parte artistica. Faccio lezioni di dizione e teatro e, al momento di andare in scena, divento la loro regista. Sono fiera di tutti quanti.

Ogni tanto però reciti anche, con loro.

Diciamo che ogni tanto recito da sola… quando ne ho bisogno.

Chi sono, insomma, questi ragazzi?

Sono quei cervelloni che sono scappati dall’Italia e che qui fanno lavori cosiddetti normali.

foto di Luciana Ioannacci Blair

E tu? Quando sei scappata, invece?

L’ultima volta sono scappata nel 2016. Avevo già vissuto ad Amsterdam vent’anni fa, per circa cinque anni.

Come mai sei tornata in Italia la prima volta?

Perché all’epoca avevo fatto il provino per Montalbano. In seguito, ho lavorato con Luca Ronconi, Albertazzi, Piera Degli Esposti, Paola Gassman, Ugo Pagliai… solo per citarti alcuni nomi.

E poi che è successo?

Poi è successo che non ci pagavano e io sono mamma di Leonardo, che ha 5 anni. Alla fine, sono tornata ad Amsterdam. Al momento lavoro in un negozio che è anche diretto da uno dei nostri sponsors, Daniele Dentici.

Tuo figlio è ancora piccolo: si è accorto del cambio tra una nazione e l’altra?
Sì, anche se è ben integrato e parla olandese abitualmente. Tuttavia, ha nostalgia dell’Italia. Mi parla spesso del teatro greco, perché sai, lui ha recitato al Colosseo due anni fa: ha fatto il figlio di Medea.

È molto che mancate da casa?

Non ci andiamo da un anno e mezzo, cioè da quando sono tornata a vivere ad Amsterdam, ma la mia famiglia è qui.

E allora cos’è che manca a tuo figlio?

Il mare!

Il mare?

Pensa che ‘mare’ è stata la prima parola che ha detto, dopo ‘mamma’ e ‘papà’…

Senti, ma perché hai scelto proprio l’Olanda come alternativa al mare siciliano?

Perché io ho parte della famiglia olandese. Questo paese è nel mio sangue, sono cresciuta sentendo parlare dei Paesi Bassi. Dentro di me c’erano Siracusa, Catania e Amsterdam.

È in famiglia che hai imparato la lingua?
Ho fatto anni di scuola. Ora posso dire di essere al livello B2.

Cibo olandese preferito?

Lo stamppot!

Anche tu??

Ahaha! Sì! Mi piace quello patate e wurstel, lo so anche cucinare.

Hai mai avvertito difficoltà di adattamento, pur avendo la famiglia olandese per metà?

La mancanza di comprensione della lingua è stata un problema, quando non capisci ciò che accade intorno a te le persone posso classificarti facilmente come qualcosa che tu non sei. Voglio dire: se non parli, sembri stupido, ma magari tu non parli perché non sai farlo in quella precisa lingua. Ora, finalmente, mi sento a casa.

Come trovi cambiata la cultura olandese in questi vent’anni?

Il paese è cambiato. Una volta c’era arte ovunque, c’era una cultura più alternativa; la vedevi negli scantinati, nei piccoli posti. C’era meno borghesia e più realtà. Una volta erano più concreti.

Che differenze trovi tra italiani e olandesi?

Loro sono molto precisi e scrupolosi, molto attenti, ma non mettono nelle cose che fanno la stessa passione che ci mettiamo noi. Mi spiego: penso che vivano la passionalità in maniera diversa e, quando ci conoscono di più, restano affascinati dal nostro vivere. Nel nostro gruppo abbiamo un olandese che sta imparando l’italiano con noi. Poi abbiamo fans olandesi, che ci seguono in tutti gli spettacoli che facciamo.

A livello personale, invece, cosa hai imparato da loro?

Ho imparato a controllare le mie emozioni e ad accogliere gli eventi con più distacco. A riflettere prima di agire. Capirai quanto questo possa definirsi un lavoro, per me. Ma in teatro ho la mia valvola di sfogo!

Il fatto che tu sia attrice quanto dipende dalla tua terra di origine?

Dalla mia terra di origine il 100%. Non avrei potuto fare nessun altro mestiere…. Questa domanda mi emoziona.

E che rapporto hai con il teatro siciliano?

Esclusivo. Per farti un esempio, ho recitato in dialetto ma non ho mai fatto teatro dialettale. Ho lavorato molto al teatro Greco di Siracusa. Sono un prodotto della mia terra, a tutti gli effetti.

Il teatro greco è anche il tuo genere preferito?

Non ho un genere preferito, l’importante per me è recitare.

E tra teatro, cinema e tv?

Tutto, non c’è differenza!

Allora mi dici che emozioni ti danno i tre mezzi? Qui le differenze ci saranno senz’altro.
Il teatro mi dà l’emozione dell’immediato, puoi sentire il respiro del pubblico insieme a te. Cinema e televisione, invece, mi danno l’emozione di un tempo reale che però non puoi cambiare, e non ti resta altro da fare che stare ferma a guardare.

Come ti fa sentire il fatto di guardare e non poter cambiare niente?

Ti rispondo così. Ho recitato in un cortometraggio con la produzione di Isabel Russinova. Il regista ha visto un aspetto. È quello che io non posso cambiare, è il punto di osservazione che il regista ha colto. Quindi va bene, alla fine. La stessa sensazione mi è successa con Montalbano.

Tu hai tanti anni di lavoro alle spalle: ti fermavano per strada in Italia per l’autografo?
Sì, ma la cosa bella è che mi succede anche ad Amsterdam, perfino con gli olandesi.

Ti dicono “vogliamo te”. Di chi sto parlando? Immagina tre palcoscenici, e tre attori o registi con cui vorresti lavorare.

Bellissima domanda! Allora… Mi piacerebbe lavorare con Antonio Albanese: lo adoro, è geniale. Poi, Massimo Popolizio. E poi Elisabetta Pozzi, la adoro profondamente. Quanto ai teatri, direi: di nuovo il Teatro Greco di Siracusa. Aggiungo il teatro Argentina a Roma e, infine, il Piccolo di Milano.

Hai ancora qualche collaborazione all’attivo con l’Italia?
A parte Montalbano, ho qualcosa in trattativa, sì.

Domanda di rito. Torneresti in Italia definitivamente?
Se avessi la possibilità di fare il mio lavoro di attrice: sì. Assolutamente.

Ma a te l’Italia manca? O ti manca solo Siracusa?

Mi manca vivere il teatro tutti i giorni.

Qui come lo vivono il teatro, al giorno d’oggi?

C’è una buona cultura del teatro. E te lo dice una che ha provato l’esperienza di una platea di diecimila persone.

Eppure io sono convinta che una come te non faccia differenze tra diecimila e dieci.

È vero. Per me va bene anche una. Io non recito per me, io recito per la gente. Mi piace che alle persone arrivi la luce, come dice Piera degli Esposti: “gli attori sono coloro che trasformano il buio in luce”.

E tu pensi che avrai mai la possibilità di trasformare questo buio al 100% del tuo tempo in Olanda?

Se potessi fare solo il teatro con il Korego sarebbe meraviglioso.

C’è un messaggio che vuoi comunicare a chi ti sta leggendo?

Sì: bisogna lasciare le proprie passioni libere. Bisogna vivere di passioni, altrimenti il vivere stesso non ha senso. Bisogna darsi e dare, nella passione della vita; non essere egoisti, non essere avari.

Quindi cosa segue il tuo cuore?

Dioniso!

Sei entusiasta! Di cosa, esattamente?

Di tutto! Dei miei ragazzi. Del fatto che amiamo tutti insieme il teatro e, insieme, abbiamo creato un mondo.

Qual è il destino del mondo ‘teatro’, in Italia?

Nei giganti della montagna, Pirandello fa dire alla contessa “Il problema è che non si fa più la paga”. Erano i primi del ‘900, ma il teatro ancora c’è.

Ma sempre senza paga, stiamo.

Ahah, sì però il teatro si fa lo stesso. Gli attori non si arrenderanno mai.

Tu sei lontana dall’Italia. Ti sei arresa?

Fino a quando ci sarà un pubblico davanti a me, non mi arrenderò.

foto di Emilio Brizzi

Che dire?

Cercate la passione.

Vivete di luce e seguite gli appuntamenti del Korego, dal loro sito internet, oppure sulla loro pagina Facebook.

Per quanto riguarda Carmelinda, ora vi do una notizia in anteprima: terrà un seminario di teatro il 3 giugno, a Utrecht. Dioniso, storia e tecnica: tutto in una sola giornata. Che dite, vi interessa?

Alla prossima intervista!

Paola

 


Paola Ragnoli è consulente e formatore in comunicazione verbale e non verbale, counsellor e autrice. È fondatrice e titolare della micro-impresa The Dots Connection e del blog I Viaggi Della Druida. Collabora come redattrice con alcuni siti internet, per Italianradio si occupa di integrazione tra culture.

 

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