Giugno si presenta come un mese ricco di eventi e grandi iniziative qui nei Paesi Bassi, ma una tra tutte ha attirato la nostra attenzione; parliamo del Festival de Bardi, durante il quale verrà messa in scena la più comica opera mai scritta: L’italiana in Algeri di  Gioachino Rossini.

Siamo quindi andati ad intervistare le menti dietro questo spettacolo Roberta Moroni e Stefano Conti per conoscerli meglio e per cercare di capire, insieme a loro, cosa significhi mettere in scena un’opera teatrale e per cercare di appassionarci al loro lavoro:

Quando e come è cominciato il vostro lavoro e l’amore per l’opera?                                             L’amore per l’opera è iniziato sui banchi di scuola, in conservatorio, quando dovendola affrontare come studio, abbiamo scoperto la più grande e completa forma artistica che la civiltà occidentale abbia prodotto, che comprende tutte le discipline artistiche: la musica naturalmente, la poesia, la danza, la pittura e l’architettura, lo stilismo, la recitazione, ed, insieme a queste, anche molte competenze artigianali, la falegnameria, la sartoria, l’illuminotecnica, la fonica, il trucco e parrucco. Tutto ciò rende l’opera il più difficile, complesso, faticoso e costoso spettacolo che si possa pensare di rappresentare, impossibile quindi non appassionarsi a una cosa del genere dopo averla conosciuta e decifrata. L’opera rappresenta una forma d’arte fintissima, così lontana dalla realtà, da crearne una alternativa, con l’opera si è quasi trasportati in un’altra dimensione. Da allora quindi, siamo impegnati a lavorare alla sua rappresentazione e divulgazione.

Perché avete scelto proprio quest’opera di Rossini e quali difficoltà si incontrano quando si sceglie di portare avanti un opera definita “buffa” come l’italiana in Algeri?                  Innanzitutto perché è uno dei più incredibili capolavori della storia della musica. il settetto onomatopeico (din- din, tac-tac, cra-cra, bum-bum) della stretta finale del primo atto, che esplode come un uragano, resta un unicum nella storia dell’opera. La seconda ragione è rappresentata dalla comicità e leggerezza del testo, che rende quest’opera particolarmente godibile anche ad un pubblico poco avvezzo alla lirica: era definita da Stendhal “un’opera che toglie ogni tristezza”.

L’altra curiosità di quest’opera è l’origine del libretto, sembra, ispirato a una storia vera: la trama Dell’Italiana in Algeri ruota attorno alla storia di Isabella che, fatta prigioniera dai corsari algerini e destinata al serraglio del Bey di Algeri Mustafà, sfrutta le sue infallibili armi di seduzione per riuscire a beffare tutti, a far fuggire gli schiavi italiani e a realizzare l’unione con il suo innamorato Lindoro, in un turbine di malintesi e colpi di scena permeati da uno spirito di “follia organizzata”.  Storia che presenta fin troppe analogie con quella di una signora Milanese, la bella Antonietta Frapolli, rapita dai corsari algerini nel 1805 e portata alla corte del Bey di Algeri, Mustafà-ibn-Ibrahim. Rilasciata dopo nove mesi, incolume e con ricchi doni.

Le difficoltà che si incontrano nel portare avanti questa opera buffa, sono innanzitutto tecniche, perchè è un’opera difficile, specialmente se si deve affrontare con un gruppo di partecipanti molto variegato, dal professionista al profano completo, gestire una compagnia di più di cento persone tra coristi, orchestrali, aiuto scenografi, costumisti, attori, ballerini, figuranti e persino acrobati, di diverse nazionalità, e comporre tutto in uno spettacolo organico e disciplinato è un compito molto arduo ma allo stesso tempo meraviglioso: abbiamo con noi italiani, olandesi, sud americani, siriani, irlandesi, russi, svizzeri, indonesiani e oltre, tutti impegnati a realizzare questo progetto impossibile.

Interpreterete l’opera fedelmente all’originale o avete apportato qualche modifica?         Abbiamo apportato due modifiche sostanziali: innanzitutto abbiamo adattato le parti corali, scritte per solo coro maschile (eunuchi, corsari Algerini, schiavi italiani, pappataci), a un coro misto (eunuchi e odalische, corsari e corsare Algerine, schiavi e schiave italiane, pappataci), obbligatorio in un progetto che vuole essere inclusivo come il nostro. La seconda modifica riguarda il libretto, che è stato purgato da tutti i riferimenti religiosi o che potessero risultare poco rispettosi verso altre culture.

Quali sono le altre opere che metterete in scena? (gli altri eventi del festival)                                    Il festival comprende nove eventi, tre riservati all’opera: il 13 giugno ad Arnhem, il 15 ad Hengelo e il 17 ad Almere. Un recital di pianoforte il 18 giugno ad Amsterdam, tre concerti di Gala, il 20, 22 e 23 giugno, rispettivamente ad Arnhem, Utrecht e Amsterdam, e inoltre una performance di violoncello e pianoforte ad Arnhem il 21 giugno 2019.

Qual è la risposta che sperate di ricevere dal pubblico?                                                                        Speriamo che il pubblico possa accompagnarci numeroso in questa avventura e che possa trarre divertimento dalla bellezza degli spettacoli che offriamo e dall’atmosfera di festa e aggregazione universale che vogliamo creare nel nostro gruppo e trasferire quindi agli spettatori.

Segnatevi quindi le date, non prendete impegni e regalatevi una giornata diversa andando al teatro per immergervi nell’ilarità dell’Italiana in Algeri  e lasciatevi intrattenere dal grande talento e passione di questo gruppo che ci aspetta numerosi.

 

 

 

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