L’Olanda è uno dei paesi che è solito ospitare diversi festival sul cinema internazionale. Quest’anno l’Aja è stata la terra scelta per il Festival Movies That Matter, un festival che ha trasmesso numerosi film internazionali lasciando un forte segno in chi li ha visti. Nonostante il traguardo raggiunto dal Festival, altri sono stati ritenuti meno importanti come quello del cinema arabo che fino all’anno scorso veniva ospitato in diverse città nei Paesi Bassi. Il Festival è nato nel 2013 da un’iniziativa della Foundation Sphinx Art Production con lo scopo di raccontare ciò che non viene raccontato, infatti, il Festival ospita film che nella maggior parte dei casi non vengono mostrati nei paesi d’origine perché ritenuti “pericolosi”. Dopo la decisione presa dal fondo di Amsterdam per le arti sul Festival del cinema arabo, quest’anno gli organizzatori del Festival hanno deciso di proiettare solo due film: La vache e Beauty and the dogs, quest’ultimo ospitato anche al Festival Movies that Matter.

Sabato 21 aprile sono andata ad Amsterdam per godermi a pieno i due film. Ero felice ed euforica. Appena arrivata, mi sono diretta verso il cinema poco distante dal centro. Nel tram ero curiosa e non vedevo l’ora di arrivare e dopo 20 minuti un enorme palazzo blu chiamato “Rialto” mi ha accolta.

Una volta entrata nel palazzo, ho conosciuto Adel Salim, direttore del festival che mi ha subito dato il benvenuto.

Il primo film “La Vache” diretto da Mohamed Hamidi è stato proiettato pochi minuti dopo il mio arrivo e da quel momento è iniziata la mia avventura.

Il film inizia con una scena semplice che raffigura un piccolo villaggio algerino, e una povera famiglia algerina composta da quattro membri. Il comico algerino/francese Fatsah Bouyahmed recita la parte del capo famiglia, ma vi è un altro membro che a mio avviso dovrebbe essere contato, ovvero la mucca Jacqueline che veniva trattata dal protagonista esattamente come un figlio. La trama del film si concentra sul viaggio del protagonista in Francia dopo che ha ricevuto un invito a partecipare al salone dell’agricoltura insieme alla sua mucca. Il film era ricco di scene comiche che attiravano l’attenzione dei presenti, come la scena in cui la moglie del protagonista decide di cacciare il marito dalla stanza perché arrabbiata della sua partenza e lo invita ad andare a dormire da Jacqueline. L’invito naturalmente cambierà la vita del protagonista che inizierà a vedere finalmente un mondo che non aveva mai visto fino ad ora. Quello che segue è un’avventura accattivante, sorprendente, sobria e commovente in cui bevande distillate e media digitali causano colpi di scena imprevisti.

Il film mi ha emozionata al punto che nell’ultima scena due lacrime mi sono scivolate sul viso insieme ad un sorriso e la pelle d’oca. Il protagonista è riuscito così a trasmettermi tutte le emozioni che ha provato quando ha vinto la competizione dopo che poche persone avevano creduto in lui. Quella sensazione di vittoria è stata bellissima per me e per lui!

 

Il secondo film invece, ha avuto un impatto diverso su di me. Se il primo mi ha lasciato un sorriso sulle labbra, il secondo mi ha lasciata con le sopracciglia corrugate e i pugni chiusi.

Beauty and the Dogs è un film diretto da Kaouther Ben Hania. La trama è raccontata in nove capitoli, ciascuno girato come uno scatto continuo e continuo. Per di più, il film è tratto da una storia vera. La protagonista del film è una giovane studentessa di Tunisi di nome Mariam Al Ferjani. L’inizio del movie è stato alquanto ambiguo. Luci, musica, alcool, gonne strette, ragazzi e ragazze dominano la prima scena che dura pochi minuti, e all’improvviso si passa alla protagonista che corre veloce con molta fatica. Il suo viso era davvero inquietante perché il suo sorriso si era spento e le lacrime insieme al nero della matita le avevano dipinto il volto di tristezza. Da qui inizia la storia di Mariam, una ragazza tunisina violentata la sera in cui aveva organizzato una festa insieme alcuni suoi colleghi dell’università. La trama si concentra sulla fermezza e la volontà della ragazza di portare alla luce del sole ciò che le era successo nonostante mille ostacoli. Infatti, dopo qualche capitolo si capisce che a violentarla sono stati dei poliziotti che l’avevano anche ripresa mentre commettevano il loro brutale atto. Mariam ha provato in tutti i modi recandosi in diverse stazioni di polizia a denunciare l’orribile faccenda, ma nessuno le ha dato ascolto, nessuno le ha creduto. I poliziotti in servizio le consigliavano di tornare a casa come se nulla fosse e di ritirare la denuncia da lei fatta dopo molte difficoltà. In preda alla disperazione, Miriam ha cercato in diversi ospedali di farsi visitare da un medico legale, ma non le è stato possibile se non dopo aver fatto la denuncia. La compassione negli occhi della poliziotta, dell’infermiera e di altre persone è stato un elemento fondamentale perché sottolinea quanto queste simili vicende creino uno scandalo in alcune società arabe. La protagonista ha lottato come un leone dopo essere stata maltrattata e picchiata dagli stessi poliziotti che l’avevano stuprata, ma nonostante ciò ha tenuto duro fino alla fine. Il film si conclude con Miriam che riesce a fuggire dalla stazione di polizia dopo che alcuni poliziotti volevano incarcerarla in caso non ritirasse la denuncia. Il buio e la paura avevano accompagnato Miriam fino al giorno in cui è scappata dalla stazione, una mattina in cui il sole, simbolo di speranza inizierà a sorriderle di nuovo.

Purtroppo, fino ai giorni nostri, episodi di stupri, violenza e molestie accadono in molti paesi arabi. Molte storie rimangono nascoste e non escono mai alla luce del sole per la paura e per il timore delle conseguenze. Così come Miriam ha sofferto e ha subito la violenza sulla sua pelle, altre ragazze, bambine e donne stanno soffrendo in questo momento. Non tutte hanno la stessa forza e lo stesso coraggio di Miriam, ma questo è il messaggio della regista, la denuncia.

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